In un articolo di qualche tempo fa Panorama (1) parlava di “Formula Volkswagen“.
Beh, in effetti: si compra Porsche, insidia Toyota per la leadership nel mercato mondiale, fa arrabbiare (e schiaccia…) Fiat e non intende fermarsi, visto che l’obiettivo dichiarato è di raggiungere i 10 milioni di auto vendute entro il 2018.
Inoltre, per inciso, ad oggi Wv ha in portafoglio anche brand come Skoda, Seat, Ducati, Audi, Man, Scania, Bugatti, Lamborghini, Bentley…
Insomma, l’impronta del player forte, che giustamente non guarda in faccia a nessuno, in un mercato – quello dell’automotive – in profonda trasformazione.
Emblematica, ripeto, la stizza di Marchionne, che si è arrabbiato perchè il colosso di Wolfsburg “gioca a proprio piacimento con i prezzi”, a detta sua.
Beh, nei manuali di marketing, in questi casi, si parla di “price maker” vs “price taker“, quindi… A chi tocca non si deve ingrugnare…
Cosa vuol dire essere “price maker“?
Significa avere un vantaggio competitivo tale da poter fissare “l’altezza dell’asticella”, ovvero i prezzi medi di riferimento per i competitor.
E come si fa?
Bisogna investire in competenze forti, avere un’organizzazione snella e fortemente coesa, avere chiari obiettivi di valore da creare, di come crearlo e di come segnalarlo.
Qui sotto un video che mi fa impazzire, farcito di segnali di valore semplici e di estremo impatto:
Dicevo, però, che prima di comunicarlo, il valore va creato e va fatto con attenzione costante agli obiettivi strategici, che devono essere fortemente condivisi all’interno dell’organizzazione (commitment e marketing interno), che deve vedere una stretta integrazione fra funzioni di confine.
Peraltro, siamo di fronte ad un caso eloquente di orientamento al marketing, con ruolo “strategico-operativo” per la funzione di marketing.
E in termini strategici, alcune considerazioni:
- chi lo dice che i prodotti debbano morire presto? Wv si dimostra magistrale nella gestione del ciclo di vita dei prodotti, che vanno mantenuti in vita finché possono dare valore, alla clientela e all’azienda; il tutto, chiaramente, grazie a sapienti e ben cadenzati restyling nel corso del tempo;
- si bada alla sostanza, senza trascurare la forma, ma senza nemmeno sbilanciarsi troppo in tal senso. Vogliamo dire, ad esempio, che la Golf sia l’auto “più bella” in assoluto nel suo segmento? Non credo proprio si possa dire, mentre è certo che sia un prodotto “consistente”, in piena coerenza con la ricerca da parte del nuovo consumatore del “good value for money” (2);
- Wv sta dimostrando di essere in grado di realizzare vere “economie di scopo”, unendo efficienza e varietà, senza eccessivi rischi di banalizzazione e di confondere il consumatore, problemi, che, invece, oggi sono rilevanti in questo comparto. Come lo fa? Investendo sapientemente in tecnologie e piattaforme produttive, ma senza perdere di vista nemmeno per un momento l’esigenza di assicurare coerenze e sinergie di portafoglio. Per capirci: la settima serie della Golf viene montata su una piattaforma modulare ad hoc (occhio al concetto di difendibilità del vantaggio competitivo…), che consentirà di progettare e sviluppare tutti i prossimi modelli di Wv, Audi, Seat e degli altri brand del gruppo. “E’ una sorta di gigantesco Lego – osserva Walter de Silva, responsabile dei designer della casa tedesca -, che consente di superare il vecchio concetto di pianale. Basta spostare i mattoncini per plasmare veicoli di lunghezza e larghezza diversa, con dimensioni degli pneumatici e posizione dei sedili differenti. In questo modo, possiamo progettare in parallelo diverse famiglie di prodotti, per poi deciderne le caratteristiche specifiche in base alle esigenze del mercato, senza mettere in discussione la coerenza con lo stile di ciascun marchio (dall’economicità di Skoda, all’unicità di Bentley o Bugatti). Il tutto, con estrema efficienza“.
Il tutto – ripeto – anche con “amalgama organizzativa”: “l’importante – osserva ancora il manager – è che le varie parti del processo, dal design al manufacturing, viaggino in sincronia, come gli ingranaggi di un orologio, sotto costante controllo”.
Su un piano strategico-competitivo, l’azienda presta grande attenzione alle logiche proattive, che si riflettono in un portafoglio ASA ben equilibrato, fra “vacche da mungere“, “stelle” e soprattutto “enigmi di valore“.
“Il segreto – sottolinea ancora de Silva – è nella costante capacità di anticipare il cambiamento, ma nella continuità, senza navigare a vista, modulando gli investimenti sulla base del ciclo economico, con il rischio di trovarsi poi impreparati sul mercato”.
Per il resto?
Salari doppi rispetto all’Italia (tra i 2.700 e i 3.000€ al mese + bonus per i rendimenti individuali), che aiutano la pace sociale, organici garantiti fino al 2014, molti assunti a tempo indeterminato e circa 600 giovani che ogni anno, usciti dalle superiori, entrano in azienda per un periodo di formazione di 36 mesi, che, di solito, sbocca in assunzione.
Non male, all’insegna di serietà, idee chiare, progettualità e di un marketing ben fatto, dal forte contenuto strategico e, ad occhio e croce, sufficientemente “diffuso” all’interno dell’impresa.
credo che il lavoro di volkswagen sia eccelso dal punto di vista del marketing: un ottimo portafoglio prodotti e marchi che gli consente di ricoprire tutto il mercato dell’auto dall’utilitaria alla supercar, un’immagine di marca forte e ormai ha acquisito una credibilità sul mercato pari a nessun’altro…tutto questo l’ha portata ad essere price-maker e come tale in un regime di concorrenza cooperativo puo portarlo a mettere in ginocchio il nostro caro marchio fiat. marchionne piu che lamentarsi dovrebbe imparare da volkswagen magari adottando politiche simili alle sue, facendo leva sull’italianità e curare il suo posizionamento (ne ha alquanto bisogno) i prodotti fiati qualitativamente sono come quelli di vw se nn meglio su alcune caratteristiche ed è ora che marchionne li sfrutti tramite segnali di valore e sistemi di prodotto da offrire al consumatore con un’adeguata leva delle 4p e azioni anche non di marketing coerenti con tale scelta e presto riconquisterà il mercato italiano. ma per ora…non puo prendersela solo perchè vw fa meglio.
Già, Alessio, credo che in parte Marchionne abbia già sprecato grosse occasioni. Partiva di certo da una situazione non facile, ma anche con un gran bagaglio di affetto e attaccamento che sul mercato interno molti clienti effettivi o potenziali comunque provavano. Su alcuni mercati esteri (vedi Brasile), Fiat risulta addirittura un punto di riferimento. Il punto è che “è la somma a fare il totale” e negli anni 2000, al cospetto anche della nemica Crisi, non puoi non essere proattivo e illuminato, che in un mercato come quello dell’automotive di oggi significa puntare spedito vs: partnership qualificate, servizio al cliente e customer care sopraffina e “a rete”, tecnologie verdi, integrazione in progetti di smart cities, modelli “intelligenti”…