Come è stato già evidenziato su questo blog, ci sono sono dei veri e propri “tabù” nel Marketing…
Fra questi, non si può certo trascurare l’approccio dei brand al segmento gay, che fa molta paura – almeno in Italia – per l’ossessione di essere etichettati dal mercato come “gay friendly“ e quindi di essere ghettizzati e costretti alla nicchia.
Sì, è vero, molte campagne di comunicazione nel corso degli ultimi anni si sono mosse sul “filo del rasoio“, hanno giocato sulle ambiguità e su codici e toni trasgressivi, ma oggi parliamo di qualcosa di diverso: più diretto e al tempo stesso “discreto”.
Il segmento gay è estremamente interessante.
Basti pensare a:
- la sua consistenza, per niente irrilevante;
- il progressivo – anche se tardivo e lento – sdoganamento culturale dell’omosessualità all’interno della società;
- il fatto che questo segmento difficilmente si sente rappresentato dai brand presenti sul mercato, di cui percepiscono la “lontananza” ed il distacco.
Ci sono quindi dei posizionamenti ideali liberi. Da questo punto di vista, si pone un problema (tecnicamente parlando) evidente, che riguarda i codici della comunicazione, ma soprattutto gli strumenti da utilizzare per arrivare a questo target-group (che, in verità, potrebbe essere oggetto anche di una sotto-segmentato al suo interno).Il punto è questo:
- o un brand si muove in modo dedicato sul segmento gay, con una strategia consapevolmente focalizzata o concentrata;
- oppure, se non si vogliono escludere gli altri segmenti e si vuole quindi evitare l’allontanamento dei
non gay, bisogna giocare di fino.Nella sua tesi di Laurea Triennale, ad esempio, Ilaria ha recuperato il tema del Product Placement, analizzandolo da una prospettiva nuova, ovvero come strumento per comunicare in modo empatico e sottile con il segmento gay, senza generare un involontario demarketing verso gli altri.Il Product Placement, del resto, ha dalla sua questa versatilità.
Consideriamo il caso molto interessante della pellicola “Diverso da Chi“, che vede protagonisti, fra gli altri, Luca Argentero e Claudia Gerini.
Qui, innanzitutto c’è un succulento placement di natura politica, visto che i due protagonisti militano in quello che è evidentemente – anche se sotto mentite spoglie – il Partito Democratico, che affronta il tema
dell’omosessualità in maniera più aperta – anche se con qualche esitazione qua e là – rispetto al suo competitor, presentato come più conservatore e bigotto…
All’interno della trama e nel dispiegarsi delle scene, vi è poi spazio per una serie di brand, che traggono beneficio da un contenitore “flessibile”, capace di veicolare sulla stessa piattaforma messaggi con finalità diverse a soggetti differenti.
Il risultato, nella fattispecie, è quello di catturare l’attenzione e l’interesse sia di gay che di non gay (in tal senso entra in gioco, poi, la qualità del film in senso tecnico), facendo intuire un messaggio di fondo, diciamo un “posizionamento della pellicola“, ma senza che vi sia nessun elemento certo da questo punto di vista.
Lo spettatore più scettico, arcigno e conservatore, quindi, non è messo in condizione di sentirsi a disagio, né di etichettare negativamente i brand che fanno capolino qua e là nel corso della narrazione, ma che, di fatto, scena dopo scena, assumono un ruolo centrale all’interno della storia e rispetto agli eventi che si susseguono.
Focalizziamo due brand in particolare.
Il primo è Campari, che oramai da qualche tempo ha intrapreso la strada dello svecchiamento della propria immagine di marca, con un deciso tocco trasgressivo, a cominciare dalla Campagna Pubblicitaria “Red Passion“, fino ad arrivare ai recenti Placement nei video musicali di Lady Gaga.
Il prodotto compare in bella vista, ad esempio, quando per festeggiare la vittoria alle elezioni Piero e Remo (Luca Argentero ed il suo compagno) organizzano una cena a casa con amici.
Nel momento del brindisi tutti i personaggi bevono Campari con ghiaccio, il colore rosso del drink è ben evidente nei bicchieri e la bottiglia è accuratamente posizionata sul tavolo, al centro dell’inquadratura.
Campari&Orange è invece protagonista di una delle scene più importanti e divertenti di tutto il film, ossia quella in cui tra Piero (dichiaratamente gay) e Adele scatta un’attrazione irrefrenabile. La scena è, infatti, in piena sintonia con il claim “Red Passion”.
Un altro placement molto importante in questa pellicola è quello della Nuova Fiat 500.
In una delle scene topiche del film, l’auto è posizionata sullo sfondo, ma occupa gran parte della superficie dello schermo, è ben riconoscibile e la durata dell’esposizione è piuttosto lunga.
Accorgimento tecnico interessante (che evita il rischio di de-marketing involontario) è che il placement non risulta troppo esplicito verso il segmento gay, in quanto l’auto non è direttamente associata al protagonista.
Nel film, infatti, l’auto appartiene al padre di Piero (Luca Argentero): un uomo moderno, assolutamente fuori dagli schemi tradizionali, con una mentalità aperta, che accetta la sessualità del figlio senza problemi, supportandolo nelle sue scelte di vita.
Queste riflessioni sono confermate da numerosi siti gay, che dimostrano il successo della Nuova Fiat 500 presso questo segmento.
Solo a titolo di esempio, si consideri che LEDORGA, associazione francese che riunisce gli appassionati omosessuali di auto d’epoca, l’ha eletta “auto gay del 2008”, mentre nel 2009 è stata eletta auto gay dell’anno in Europa nella versione cabrio.
Nonostante questo, non si può certo dire che Nuova Fiat 500 sia percepita dal mercato come “un’auto per gay“.
Casi come questo fanno pensare che il Product Placement stia effettivamente dischiudendo nuove opportunità per la comunicazione di prodotti e brand, perchè consente di aggirare molti ostacoli.
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