Come si vende la cultura? Facendola vivere.

Come “vendere” la cultura? Facendoci entrare le persone dentro. Facendogliela vivere.

Vale per un museo, per una mostra, per i nostri fantastici beni culturali.

Ma perché continuare a pensare che la cultura si debba vendere da sola?
Significherebbe rinunciare all’idea della cultura come “bene universale indispensabile”, quale invece è.

Fare entrare le persone nella bellezza di un’opera d’arte o di un sito archeologico non significa banalizzare o, peggio ancora, brutalizzare la cultura.

Basta saperlo fare.

E con il patrimonio di bellezze di cui dispone un Paese come il nostro, quante cose straordinarie potremmo fare?

Ben vengano, quindi, iniziative come quella del Parco Archeologico di Pompei.


Tre giornate (7 aprile, 19 maggio e 8 settembre 2024) in cui sarà possibile vedere da vicino centurioni e legionari alle prese con esercitazioni militari e celebrazioni della vita di un tempo, alla presenza degli Ufficiali romani e di nientepopodimeno che Plinio il Vecchio.

In un contesto da sogno, carico di suggestioni e di mistero, capace, così, di riprendere vita, catapultando i visitatori in una storia fantastica. Altro che serie Tv o riproduzioni in 3D

Ma:

🔴 Perché queste iniziative devono essere un’eccezione?

🔴 Perché devono essere quasi “sussurrate a bassa voce”? Quasi come fosse un delitto realizzarle?

Il punto non è “creare i parchi giochi della cultura”, bensì tradurre la cultura, per farla diventare realmente patrimonio di tutti.

L’alternativa?

Lasciare tesori come il Colosseo (il caso più eclatante) ai “centurioni da strada”, pronti in molti casi a mungere turisti ignari per una semplicissima foto ricordo.

Uno spreco inaccettabile e – spesso – una pessima cartolina per il Paese più bello (e masochista) che c’è.

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