Riprendo un tema e un caso analizzato qualche settimana fa sul Lab , ovvero il maldestro tentativo di storytelling operato per spingere la famigerata Tisanoreica.
Ecco i fatti. Un giorno ho notato che su Facebook la pagina di uno dei protagonisti di Gomorra La Serie era oggetto di un evidente accanimento da parte di fan inviperiti. La cosa mi ha incuriosito molto.
Bene, il motivo? Semplicemente incoerenza, un’incoerenza che non poteva non generare disappunto, fra lo stupore dell’attore e il suo disperato, ma poco efficace tentativo di camuffare l’operazione promozionale in corso.
La pagina, infatti, era zeppa di riferimenti (appunto maldestri) al noto prodotto dimagrante.
Il tutto risultava in effetti molto forzato, poco autentico e molto distante dal personaggio interpretato nella serie, come si potrà facilmente notare dando un’occhiata a una delle scelte cult, che riporto di seguito.
Le aziende dovrebbero oramai capire che non basta pescare il pesce grosso per fare bingo…
Il 2.0, del resto, va a braccetto con lo storytelling. Questo significa che le persone vogliono essere coinvolte in una narrazione, non trattate come delle pecorelle… E torniamo al tema della “manipolazione”, affrontato nel precedente post.
Nel caso specifico di cui stiamo parlando oggi, anche chi dispensa consigli e procura contratti pubblicitari all’attore avrebbe potuto fare qualcosa di meglio…
Il punto è che oggi il web dilata, nel caso di personaggi famosi e artisti, il confine fra interpretazione e vita reale e che se dei brand entrano in gioco nella vita quotidiana di questi very important people o presunti tali è necessaria una coerenza complessiva, oltre che (cosa non da poco) una “narrazione di qualità“, ovvero realmente engaging e autentica, come dicevamo prima.
Il possibile effetto boomerang, infatti, non è solo verso il brand “maldestro”, ma anche verso il personaggio stesso, che rischia di rovinare lo status o lo standing che ha verso il suo pubblico.
Bene, chi sarà il prossimo a scivolare sulla buccia di banana?